La legge che regola il testamento biologico o DAT permette alla persona di compiere una scelta, proiettata nel futuro e fondata sul diritto di ricevere o rifiutare determinati trattamenti sanitari, anche qualora questi trattamenti si rivelassero indispensabili per la sopravvivenza. Il consenso del paziente è assolutamente necessario come la Costituzione afferma all’art. 13.
La sentenza della Cass. Civ. n. 21748 del 2007 (caso Englaro) ha precisato : “il rifiuto delle terapie medico chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprime piuttosto tale rifiuto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale”. Quindi, con l’eutanasia si richiede ad un soggetto, e di norma a un medico, la somministrazione o la prescrizione di una sostanza letale che se somministrata al richiedente ne provoca la morte e che, quindi, non può essere in alcun modo paragonata ad un trattamento sanitario.
Il suicidio assistito è l’aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio.
La sedazione terminale o sedazione palliativa, è il metodo relativo ad un sistema di cure il cui scopo primario è quello di controllare … “i sintomi refrattari e non la induzione della morte del malato” (raccomandazioni della Società Italiana delle Cure Palliative diffuse nell’ottobre 2007). Farmaci, dosaggi e vie di somministrazione, utilizzati nella sedazione palliativa, sono finalizzati al miglior controllo dei sintomi attuabile (con una riduzione della coscienza variabile e possibilmente condivisa dal malato e della famiglia) e non alla rapida induzione della morte del malato, come invece accade nell’eutanasia, tanto che alcune statistiche affermano che con la sedazione palliativa la vita del malato terminale, seppur di poco, si allunga.
Senza il consenso informato nessun atto medico/sanitario può essere validamente effettuato.
La sentenza Englaro Eluana recita “non in grado di manifestare la propria volontà a causa di una totale incapacità” e non aveva… “prima di cadere in tale condizione, allorché era in pieno possesso delle sue facoltà mentali, specificamente indicato, attraverso dichiarazioni di volontà anticipate, quali terapie avrebbe desiderato ricevere e quali invece avrebbe inteso rifiutare nel caso in cui fosse venuto a trovarsi in uno stato di incoscienza”. Pertanto il provvedimento ammette che, in caso di dichiarazioni anticipate, a queste volontà i sanitari debbano attenersi. E come si mantiene il dualismo medico-paziente quanto quest’ultimo è privo di coscienza? La Cassazione ha stabilito ”attraverso il rappresentante”.
Questa sentenza afferma infatti che la disposizione centrale è l’articolo 357 c.c. da leggere in connessione con l’articolo 424 c.c. che “prevede che il tutore ha la cura della persona dell’interdetto così investendo il tutore della legittima posizione di soggetto interlocutore dei medici nel decidere sui trattamenti sanitari da praticare in favore dell’incapace”. E, specifica la Cassazione: “poteri di cura del disabile spettano altresì alla persona che sia stata nominata amministratore di sostegno, dovendo il decreto di nomina contenere l’indicazione degli atti che questi è legittimato a compire a tutela degli interessi anche di natura personale del beneficiario”, ricordando “… le prime applicazioni dei giudici di merito con riguardo all’istituto dell’amministrazione di sostegno, talora utilizzato, in campo medico sanitario, per assecondare l’esercizio dell’autonomia e consentire la manifestazione di una volontà autentica là dove lo stato di decadimento cognitivo impedisca di esprimere un consenso realmente consapevole”.
Ecco quindi la necessità di nominare l’Amministratore di Sostegno che possa esprimere per conto dell’amministrato quel consenso informato secondo le indicazioni che il beneficiario ha lasciato. Oppure sottolinea la Cassazione: “… deve agire nell’esclusivo interesse dell’incapace; e nella ricerca del “best interest”, deve decidere non “al posto” dell’incapace, né “per l’incapace ma “con” l’incapace. Quindi ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza. Ovvero desumendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche”.
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